Credo di poter dire che molti di noi siano alla ricerca di risposte alla preoccupazione che sentiamo, che ciascun operatore economico sente crescente.
Vogliamo capire se “gli anni magri“, come quelli appena trascorsi, potranno essere evitati in futuro e con quali strumenti.
Quello che stiamo affrontando è un tempo di instabilità: dal caso Brexit che avrà ripercussioni finanziarie ed economiche ancora non determinate, dai dubbi sul TTIP: trattato transatlantico con gli USA, dalle tensioni europee che evidenziano l’incapacità di creare una Unione vera e solida, in grado di affrontare i problemi gravi di sicurezza, di flussi migratori ed economico-finanziari; problemi che dureranno finché questa Europa tecnocratica e a geometrie variabili, non approderà alla vera Europa politica.
E ancora ci preoccupano i risultati elettorali in Austria, Ungheria, Polonia, perché ci consegnano un messaggio di chiusura nazionalista e marcatamente populista, contrario a quello di chi fa del costruire, dell’evolvere, del pensare globale una mission. Anche l’Italia delle recenti amministrative si conferma impulsiva nelle scelte elettorali e il vento del riformismo – che coltiviamo – sta rischiando di cedere il passo a due opzioni entrambe deteriori: un rassegnato ritorno al passato o un accorato scetticismo di protesta.
E tutta questa instabilità proprio mentre fuori dall’Europa assistiamo a guerre e stermini lungo tutto il perimetro del Mediterraneo.
C’è bisogno di consapevolezza. Non basta essere preoccupati. Perché solo la consapevolezza dà la forza e la lucidità per reagire, per trovare soluzioni.
E per trovare le soluzioni, per creare una visione collettiva appassionante siamo qui oggi, perché questo è il principale compito della buona politica.
Ed un altro compito della politica è quello di dire le cose come stanno: quindi lo diciamo: dobbiamo cambiare, soprattutto cambiare atteggiamento. Partendo da noi, partendo da qui: dalla classe dirigente. In Trentino ripetere che siamo bravi può essere anche rassicurante ed in parte vero ma è poco. Diventiamo autoreferenziali e rischiamo di addormentarci.
Sappiamo che il Trentino è infrastrutturato adeguatamente, che la formazione è di buon livello così come l’Università ed il Welfare vengono valutati a livelli di eccellenza. Da qualche tempo però abbiamo anche la consapevolezza che nulla è più come nell’epoca del 2’ Statuto di Autonomia. Il 3’ Statuto non è ancora scritto ma nell’epoca che dovrebbe descrivere, quella dei flussi di persone, di culture, di linguaggi, siamo già dentro appieno e ci siamo con meno risorse. La Provincia ha anche ammesso di avere problemi di liquidità. I distretti industriali non decollano e ci sono difficoltà crescenti ad assorbire i giovani e le donne nel mercato del lavoro. Non solo siamo in un’epoca veloce, poliglotta e digitale, con una classe dirigente che sembra frenare il ricambio generazionale e i migliori talenti, formati qui, cercano opportunità altrove.
Il risultato è consequenziale: siamo in difficoltà. Anche gli indicatori di benessere lo confermano. E questo nonostante la nostra Autonomia. Cosa possiamo fare? Io credo si debba partire proprio da lì, dall’Autonomia, dagli strumenti che abbiamo e che potremmo avere.
Voglio indicare due strade, fra le molte possibili e necessarie:
- la riorganizzazione della PA, che va resa più snella ed anche consapevole che il proprio ruolo nell’economia non può essere attivo ma di contesto
- la creazione di una cultura d’impresa, in particolare tra i giovani. Può essere impresa classica, cooperazione o impresa sociale, ma i giovani trentini non possono continuare ad avere come sogno nel cassetto quello di lavorare in Provincia o in qualche Banca di credito cooperativo. Pare evidente. Ma nemmeno – possono i giovani ed i meno giovani – improvvisarsi imprenditori vista l’alta mortalità delle start up finanziate.
Credo siano due percorsi contemporanei, necessari e obbligati. La nostra Autonomia dipende dalle risorse che possiamo mettere in campo per alimentarla. E le risorse – lo sappiamo – discendono direttamente dalla capacità che abbiamo di creare ricchezza, generando gettito fiscale. Stock di ricchezza, direttamente proporzionale alla nostra possibilità di ridistribuirla tra le competenze che abbiamo in delega dallo Stato proprio grazie all’Autonomia: scuole, strade, sanità, ammortizzatori sociali ma anche le ultime attribuzioni del personale della Giustizia e quelle che verranno.
Quello che dobbiamo chiederci è: cosa ne sarà di queste competenze e quindi della nostra Autonomia se non saremo capaci di automantenerla (generando risorse) e di dimostrare di saper fare meglio con meno spesa (riorganizzando i servizi)?
Oggi parliamo di competitività simbolicamente a Rovereto ed in Vallagarina perché questo è il cuore industriale del Trentino ed oggi registra un battito irregolare. Abbiamo eroso posti di lavoro e visto crollare realtà industriali storiche. Abbiamo visto intere filiere – come quella delle costruzioni – retrocedere. All’evidenza ci sono anche progetti di visione, che però tardano a dare frutti reali, nonostante gli importanti investimenti pubblici; mi riferisco al Polo della Meccatronica – il polo universitario-industriale della elettronica, informatica e meccanica – che dovrebbe sorgere alle mie spalle – e anche a quello della Manifattura Domani – l’hub dell’innovazione green.
Tutto questo dimostra che il Trentino nel complesso passaggio da una “modernizzazione protetta” ad una “modernizzazione competitiva e sostenibile“, non ha ancora trovato il sound e l’alchimia giusti.
Quello che ci chiediamo è come poter oggi iniziare un ciclo di crescita con nuove caratteristiche. Possiamo farlo ma non succederà per caso o per fortuna. Dovremo SCEGLIERLO!
Va detto che il Trentino, più di altri territori, si è chiesto per tempo “cosa” fare per dare infrastrutture alla ripresa. Trentino Sviluppo – l’hub dello sviluppo sostenibile e dei servizi alla crescita dell’imprenditorialità – che ha sede in questa struttura, è uno dei migliori esempi.
Ma il Trentino e i trentini forse si sono interrogati poco sul “come” porsi di fronte alle nuove sfide perchè probabilmente eccessivamente chiusi nella difesa dei valori del territorio!
I dati infatti ci confermano che l’apertura all’estero – sia in esportazione che in importazione rispetto al Pil – è limitata rispetto alla media nazionale. Ce lo confermano anche i dati sugli investimenti diretti esteri (IDE) e quelli delle imprese estere verso la provincia, anche questi inferiori rispetto al nazionale. Ed addirittura risultano inferiori dati sugli arrivi e presenze turistiche estere.
Dobbiamo quindi prenderne consapevolezza ed agire. Come? Due sono le vie che vedo immediatamente percorribili e che lascio come temi di riflessione a questa sala.
- La prima: la modernizzazione, sburocratizzazione, digitalizzazione della PA ma anche la creazione di una Scuola nazionale superiore di alta formazione della PA capace sia di rendere il nostro sistema più competitivo e di attrarre competenze, sia di divenire un Laboratorio nazionale di semplificazione ed efficienza burocratica!
- E la seconda: l’utilizzo dei risparmi di spesa – da spending review e da riordino della PA – per creare un sistema fiscale maggiormente attrattivo ed un sistema di incentivi per gli investitori sia nazionali che esteri.
E come base indispensabile: ACCRESCERE LA CULTURA DELL’INTRAPRENDENZA.
Donatella Conzatti – 11 luglio 2016
Commissaria UPT Rovereto e componente della segreteria politica