Voglio sottolineare l’importanza del ruolo degli enti locali nella realizzazione degli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, su tutti, quello di colmare le disuguaglianze territoriali, sia a livello di servizi offerti ai cittadini che di infrastrutture.
Nel PNRR si fa esplicito riferimento al ruolo delle diverse articolazioni territoriali dello stato, ruolo approfondito dal decreto legge 77/2021 che definisce la governance dei progetti legati al Piano, prevedendo, all’Articolo 9, comma 1: «Alla realizzazione operativa degli interventi previsti dal PNRR provvedono le amministrazioni centrali, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali, sulla base delle specifiche competenze istituzionali».
Il coordinamento tra lo Stato centrale e l’attività degli organi periferici sarà assicurato dalla Cabina di regia creata per la gestione del PNRR e guidata direttamente dal Presidente del Consiglio dei ministri. All’interno di questo soggetto è collegato un tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale.
Per quanto riguarda i bandi PNRR, con un prossimo decreto sull’attuazione del Piano, sarà inserita una norma che prevede la costituzione di un nucleo specifico di personale tecnico dedicato, presso il Dipartimento per gli Affari regionali e le autonomie, proprio per supportare le amministrazioni locali nella fase, che si aprirà presto, delle procedure competitive. La struttura, che prenderà il nome di ‘Nucleo PNRR Stato-Regioni’, oltre a curare l’istruttoria dei tavoli tecnici di confronto con le Regioni e le province autonome, presterà attività di assistenza ai piccoli Comuni, a quelli delle isole minori e delle aree montane.
Secondo la stima dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) gli enti locali saranno chiamati a gestire un importo compreso tra i 66 e i 71 miliardi di euro. Un valore percentuale importante, compreso tra il 34,7% e il 36,9% dei fondi destinati all’Italia nell’ambito del Recovery and resilience facility. I flussi finanziari principali in cui sono coinvolti gli enti locali riguardano le missioni 2, 5 e 6. Si tratta rispettivamente della transizione ecologica (investimenti stimati tra i 18 e i 18,7 miliardi di euro), di inclusione e coesione sociale (16,9 – 18,7 miliardi) e salute (14,7 miliardi di euro).
Una delle voci più significative riguarda la seconda componente della missione 5, ovvero interventi legati a infrastrutture sociali, famiglie e terzo settore per un valore stimato tra i 10,5 e gli 11,2 miliardi di euro, pari al 93,8% delle risorse dedicate a questa voce. Un’altra componente rilevante è quella relativa al potenziamento dell’offerta di servizi di istruzione, in questo caso i flussi finanziari che saranno gestiti dagli enti locali sono stimati in 9,8 miliardi di euro, pari al 50,2% delle risorse complessivamente allocate. Una terza voce importante riguarda la tutela del territorio e delle risorse idriche. In questo caso le risorse che saranno intermediate dagli enti locali ammontano a 8,4 miliardi, pari al 55,6% delle risorse complessive.
Dal 3 agosto è possibile verificare questi ed altri dati online sul portale ufficiale https://italiadomani.gov.it/ uno strumento operativo, dedicato al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, dovesono illustrati i contenuti del Piano, il percorso di attuazione, il monitoraggio degli investimenti e delle riforme, i bandi di gara e le spese sostenute.
Nel Decreto Legge 152/2021 che reca disposizioni per l’attuazione del PNRR e la prevenzione delle infiltrazioni mafiose è previsto, inoltre, il coinvolgimento del sistema delle autonomie territoriali, ai fini dell’adozione del previsto decreto ministeriale, nelle materie di competenza concorrente (protezione civile, governo del territorio e grandi reti di trasporto) e nelle materie di residuale competenza regionale (turismo, agricoltura e diritto allo studio). Più nel dettaglio, le modifiche introdotte dal Decreto legge al Codice antimafia, prevedono, all’art. 48, la novità del contraddittorio nel procedimento di rilascio dell’Interdittiva Antimafia e, all’art. 49, l’introduzione di misure amministrative di prevenzione collaborativa, applicabili in situazioni di agevolazione occasionale.
L’aspetto importante da sottolineare è che le maggiori erogazioni per gli Enti locali sono previste tra il 2024 ed il 2025, per un valore massimo stimato pari a circa 32 miliardi di euro (16 miliardi per ogni anno). Un valore che da solo risulta pari a circa il 40% della media annua di spesa in conto capitale, effettuata dalle amministrazioni locali nel triennio 2018-2020.
Considerato che tutti i progetti legati al Piano dovranno tassativamente concludersi entro il 31 marzo del 2026, gli enti locali saranno dunque chiamati a gestire un flusso di denaro molto superiore rispetto a quello “ordinario”, in tempi decisamente contingentati.
Un impegno gravoso il cui successo dipenderà molto anche dall’adeguatezza delle strutture amministrative e tecniche locali. Per questo motivo sarà fondamentale il coordinamento tra le amministrazioni centrali e le articolazioni dello stato sul territorio. A questo elemento dovrà inoltre affiancarsi un’attenta mappatura, da parte delle amministrazioni locali, delle caratteristiche dei propri territori, riuscendo a valorizzarne le peculiarità e a prevedere le corrette soluzioni per colmarne le carenze strutturali, sia per quanto riguarda i servizi che le infrastrutture.
Una azione di governo ambiziosa che nella Provincia di Trento richiama, oggi, la responsabilità della Giunta attuale ma, soprattutto, dovrà rappresentare il faro della nuova amministrazione che otterrà la fiducia dei cittadini nelle prossime elezioni provinciali del 2023.
Lo abbiamo condiviso più volte ma, vista la attuale condizione del Trentino pencolante tra populismo qualunquista e restaurazione passatista, mi preme ribadirlo.
Questa del PNRR è una straordinaria opportunità che il nostro territorio non può permettersi di non comprendere. Gli strumenti dell’Autonomia non sostituiscono quelli del PNRR che sono diversi e più potenti: si aggiungono.
Il PNRR costituisce in sé un progetto politico denso di obiettivi e di valori. Per questo il Trentino non può che ripartire aderendo a questa mappa di sviluppo europeo che ha bisogno di competenze solide, attuali e paritarie. L’Autonomia, se inizia a camminare in questo solco, può tornare quella che era: coraggiosa e orgogliosa di essere un passo avanti.