L’intervista pubblicata da «l’Adige», 11 settembre 2021.
La senatrice Donatella Conzatti conosce bene l’area moderata, quella che nella geometria classica della politica si continua, forse impropriamente, a chiamare centro. Cresciuta nel mondo civico (popolare e riformista) roveretano, è in Italia Viva di Matteo Renzi da settembre 2019. È fresca reduce della Scuola di Formazione del partito a Ponte di Legno di inizio settembre. Un bell’osservatorio, quindi, per guardare oltre le montagne che circondano il Trentino e un po’ più in là della quotidianità politica.
Senatrice Conzatti, ha visto e letto le reazioni, le repliche, innescate dall’intervista dell’ex presidente provinciale ed ex deputato Lorenzo Dettai, padre della Margherita e dell’Upt al nostro giornale a proposito di una rigenerazione e della necessità di dare voce a un’area politica moderata, popolare, riformista oggi ai margini e silente?
«Sì, ma preferisco non parlare nel dettaglio di questa intervista. Piuttosto dei grandi temi che abbiamo affrontato a Ponte di Legno lo scorso week-end, alla scuola di formazione di Italia Viva, con 400 ragazzi provenienti da tutta Europa».
I temi si intrecciano?
«Il Pnrr, il G20, l’Europa, l’Afghanistan, lo spazio. Certo».
Argomenti e scenari cui dovrebbe pensare di più anche il Trentino?
«Sì. lo la vedo così. Forse perché vengo da questi tre giorni intensi in cui si è volato alto. La politica parte da questa generazione che studia, per diventare leader domani, non per restare follower del pensiero altrui. lo partirei da qui. Vedo il dibattito trentino un po’ chiuso e ripiegato su se stesso. Invece oggi c’è bisogno di dare voce a chi prova a cambiare il mondo, ai giovani che mettono la passione civica al posto del disimpegno, che pensano alla comunità e al bene comune invece che dare spazio alla rabbia fomentata dalle manipolazioni, a una politica che pensa alle prossime generazioni».
Molto degasperiano, molto «popolare» questo ragionamento… Allora un centro politico c’è ancora o ha ragione la Meloni che dice «destra o sinistra» e chi sospetta delle operazioni centriste tacciandole di ambiguità e opportunismo?
«Le linee di spartizione del passato non definiscono più i contenitori di oggi. È un momento in cui si fa fatica a mettere etichette. Oggi si deve parlare di progetti. Italia Viva ha lavorato — ed è costato molto in termini di senso di responsabilità — per portare al governo Draghi dopo i due governi Conte. E, come abbiamo visto, ha rimesso in carreggiata il piano vaccinale, ha gestito le libertà di vita con il green pass, sta favorendo una ripresa economica che — lo sappiamo — è di rimbalzo e va consolidata e resa costante. Ma c’è, e il Pil sale».
Draghi, però, a differenza di Monti che cedette, difficilmente si sporcherà le mani in politica fondando un partito o cercando di federare un’area…
«Il contesto oggi è molto diverso. Quando c’era Mario Monti, a fine 2011, l’Europa aveva investito all’eccesso sul rigore e sul tecnicismo. Draghi e l’Europa di oggi investono sul Pnrr, sulle persone, sui giovani. Ci si indebita insieme, per un futuro migliore».
Che meriti e qualità riconosce a Draghi?
«Non è un federatore nel senso classico del termine, ma sta dando il buon esempio. Ha una riconosciuta grande competenza e la rara dote di saper leggere la complessità in modo lucido. Poi, se non è un politico, è un abile diplomatico: sa mettere assieme punti di vista diversi. E infine, in stile british, è chiarissimo e diretto. Lo è stato quando ha detto che Erdogan è un dittatore, sui vaccini, sulle donne afghane».
Draghi però non può condizionare più di tanto la politica trentina. O sì?
«Il Trentino non può rimanere giù dal treno del Pnrr e dell’Europa, Next generation Eu significa anche volti nuovi, giovani, in politica, accanto a chi ha più esperienza. Mentre noi discutiamo di civiche territoriali, in Europa si parla da tempo di partiti transnazionali. I cittadini europei stanno lavorando alla Conferenza sul futuro dell’Europa che darà un documento importante».
Alle prossime provinciali del 2023, quindi, la soluzione non sono le liste civiche territoriali? Non ci sarà un revival della stagione dei sindaci proiettati in Piazza Dante?
«Le forze liberali e riformiste devono mettersi nel solco del Pnrr. Un appello a chi ci sta, a chi vi si riconosce. Il civismo fa parte di un piano personale: significa rispettare le persone e fare il bene comune, aspetti più che positivi. Ma servono, oggi, piani diversi, nazionali e transnazionali. Evitando i populismi, che sono a destra ma anche a sinistra. E i sindaci devono reimparare ad abitare i partiti, perché è lì che si fa la politica. Lo vediamo con l’autonomia: si è appiattita sull’amministrazione, perdendo i riferimenti storico-filosofici. Alla giornata dell’autonomia il presidente altoatesino Arno Kompatscher l’ha ricordato: la nostra autonomia è nata nel cuore dell’Europa. Abbiamo un deficit di autonomia se non si va oltre l’amministrazione».