L’intervento della senatrice Donatella Conzatti su Il Corriere del Trentino del 01/11/2020



Trovo molto costruttivo il dibattito che si è aperto in Trentino, e non solo, sul rinnovo della concessione della Autostrada del Brennero: un`infrastruttura strategica sia dal punto di vista stradale sia ferroviario e, la realizzazione del Tunnel del Brennero, ne è l`emblema. Si tratta della principale arteria di collegamento tra l`Italia e l`Europa, unisce la pianura Padana con l`Austria e, da sola, gestisce oltre il 40% del flusso del traffico oltralpe. L`A22 ha una connessione affettiva con il nostro territorio, che ha scelto di ospitarla. L`abbiamo voluta, finanziata e costruita, esiste e «resiste» dal 1959, anche a dispetto di chi, all`epoca, si opponeva alla sua realizzatone perché non la riteneva strategica. L`averla resa così efficiente ed essenziale, in autonomia rispetto al volere centrale e dell`Anas, è motivo di grande orgoglio e di profondo legame con questa infrastruttura.

Purtroppo, per continuare questo percorso virtuoso e mantenere la governance nelle mani dei territori, dobbiamo affrontare un nodo tecnico complesso e cruciale, che è sul tavolo sin dal 2014, anno in cui la concessione è scaduta. Dal 2014, di fatto, A22 è gestita in proroga e abilitata alle sole opere ordinarie. A non essere certamente mai stata in discussione, è la visione strategica che vuole l’A22 non solo un`autostrada ma un`infrastruttura capace di esprimere la visione del Brennero come corridoio europeo. Una visione politica basata sia sull`interazione tra autostrada e rete ferroviaria, nel rispetto dell`ambiente e dei territori attraversati, sia sulla solidarietà regionale tra il Trentino e l’Alto Adige, fondativa rispetto alla nostra specialità.

Oggi, pero, ci troviamo in una fase transizione. Non possiamo nascondere il nodo tecnico da risolvere e non possiamo soprattutto nasconderci dietro alla sola visione strategica. Non possiamo proprio, perché dalla soluzione tecnica che verrà individuata, dipenderà non solo la possibilità di tener fede agli obiettivi strategici ma anche il ruolo dei territori che potrebbe ridursi a irrilevante» (in caso di previsione di una gestione in house con governance statale) oppure, peggio, potrebbero essere sostituiti nella gestione dell`infrastruttura (in caso di gara vinta da soggetti terzi, non pubblici ed estranei al nostro territorio). Rischi entrambi da scongiurare. Le ricadute, di eventuali modalità errate nello scioglimento di tale nodo, possono pregiudicare il futuro strategico dell`infrastruttura e dell`intero territorio. Per questo non con divido chi lo derubrica a mero nodo tecnico.

Per far comprendere la situazione anche ai non addetti ai lavori, immaginiamo l’A-22 come una potente auto ibrida. Di fatto, l`infrastruttura, ibrida lo è già dalla sua nascita poiché è stata costruita e finanziata da enti pubblici territoriali e da soci privati. Oggi la percentuale dei soci pubblici è dell`86%, quella dei privati del 14%. Un sistema moderno, efficiente, perfettamente funzionante. Ciò nonostante, l`articolo 13bis del Decreto legislativo 148/2017 ha stabilito, che, per ottenere il rinnovo della concessione, la società debba essere 100% pubblica (in house). Ha previsto cioè, ex lege, che la nostra auto ibrida, per proseguire il proprio percorso, debba rendersi totalmente elettrica estromettendo, quindi, la parte «benzina» dal motore, ovvero i soci privati. È apparso da subito evidente a tutti che tale trasformazione fosse tecnicamente complessa. Tanto che dall`entrata in vigore dell`articolo 13bis nessuno prima di noi è riuscito a trovare una soluzione, nonostante diversi tentativi di modifica. La ministra Paola De Micheli, in prima istanza, aveva proposto un`immediata e radicale trasformazione di A22 da auto ibrida a elettrica attraverso un`operazione controversa: il forzoso riscatto delle azioni dei soci privati (per taluni assimilabile a un esproprio). Estirpare, a forza, la parte benzina del motore, costi quel che costi, avrebbe evidentemente rovinato l`auto e la sua capacità di percorrere il tragitto. Il Senato, in sede di conversione del Decreto agosto, ha pertanto deciso che servisse una riflessione decisamente più approfondita, estendendo al 29 dicembre 2020 l`attuale proroga della concessione. Non si è limitato però a prorogare ma ha accolto due differenti ordini del giorno che chiedono al governo di verificare, anche in sede europea, ipotesi, maggiormente idonee a mantenere l`auto funzionante e capace di percorrere il percorso strategico di politica di corridoio. Per prima cosa abbiamo così chiesto di verificare se la attuale concessionaria A22 non rispettasse già i requisiti della «in house» così come previsto dalla direttiva 2014/23/UE – governance pubblica e presenza dei soci privati nel capitale sociale sotto la soglia del 20% – e se fosse quindi naturale modificare l`articolo 13bis, espungendo la necessità di partecipazione totalmente pubblica nel capitale sociale. La seconda richiesta di verifica era invece tesa a rispondere alla seguente domanda: perché non concedere ulteriore tempo ad A22 per trasformarsi in house totalmente pubblica permettendole, nel frattempo, di dare il via alle opere strategiche di politica di corridoio? Tradotto: una mini-proroga con opere che, «mutatis mutandis», l`Europa ha già recentemente concesso a un concessionario francese. Una proroga insomma vincolata alla realizzazione di opere strategiche: terza corsia, barriere antirumore, nuove stazioni green e dotate di impianti di rifornimento elettriche, realizzazione delle autostrade Campogalliano-Sassuolo e Cispadana, solo per tratteggiarne alcune.


La politica, in un momento storico come quello che stiamo vivendo, non può dividersi in fazioni partitiche, deve avere invece la capacita di capire che le visioni «ante Covid» andranno riviste a favore della nuova realtà, nella quale non si può rischiare di mettere in crisi ciò che funziona bene e che crea sviluppo e posti di lavoro.